MENA Sguardi e Analisi di Claudio Bertolotti

MENA Sguardi e Analisi di Claudio Bertolotti

giovedì 26 febbraio 2015

L’Italia contro l’ISIS: fondamentale il ruolo della Tunisia e un cambio di approccio concettuale

di Claudio Bertolotti
@cbertolotti1
Anche quest’anno l’Italia contribuisce con un proprio rappresentante all’iniziativa di difesa “5+5” presso il CEMRESEuro-Maghreb Center for Research and Strategic Studies con sede a Tunisi; un impegno importante, data la delicatezza dell’argomento in fase di discussione: la sicurezza dei confini degli stati partecipanti all’iniziativa – Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta (per l’Europa) e Marocco, Mauritania, Algeria, Libia (assente al tavolo dei lavori) e Tunisia (per il nord Africa).
E tra i confini da difendere rientra anche, ovviamente, il Mediterraneo.
Il primo incontro ufficiale del team di ricercatori chiamati ad avviare il workshop del CEMRES si è tenuto, non a caso, a Tunisi il 18-19 febbraio. E anche la visita ufficiale del ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni in Tunisia, il successivo 25 febbraio, non è un caso, poiché alla Tunisia è riconosciuto un ruolo chiave nel processo di contenimento e contrasto del fenomeno jihadista in espansione e che minaccia nel concreto anche l’Italia. In altri termini, un baluardo contro l’offensiva dell’ISIS.
Perché la Tunisia è così importante? È importante perché in base a quelle che saranno le strategie messe in atto dal governo tunisino in cooperazione con i partner africani ed europei si delineerà il futuro prossimo, della Tunisia, dell’Africa (del nord, sahariana e sub-sahariana) e dell’Italia. Se anche la Tunisia, politicamente in fase di assestamento, non sarà in grado di reggere al contraccolpo del caos libico il rischio è quello di fare la stessa fine: questa sarebbe un’altra minaccia diretta per l’Italia, anche per ragioni di vicinanza geografica.
 Qual è la situazione in Tunisia in questo momento?
Non rassicurante. L’economia nazionale – in particolare il settore del turismo – è in forte difficoltà con conseguenze dirette sull’occupazione locale e i fragili equilibri sociali; ricorrenti sono gli scioperi, di categoria e su base territoriale – come dimostrano le violente manifestazioni al confine con la Libia dovute ai controlli che impediscono il piccolo commercio, fondamentale fonte di sussistenza.
In aumento, inoltre, le manifestazioni anti-governative, soprattutto nelle aree urbane.
Sul fronte della sicurezza, il dinamismo del jihad insurrezionale legato ai gruppi libici, all’ISIS, ad al-Qa’ida nel Maghreb Islamico (AQMI) e ad Ansar al Sharia, desta forte preoccupazione. L’attacco registrato il giorno della prima riunione del gruppo di lavoro a Tunisi, ultimo in ordine di tempo (18 febbraio), ha provocato la morte di quattro poliziotti. Il livello di attenzione è dunque molto elevato.
Il collasso della Libia ha portato al rafforzamento delle misure di sicurezza a protezione della zona del confine meridionale con Libia e Algeria, e di quello marittimo, con una significativa mobilitazione delle unità supplementari  dell’esercito, della guardia nazionale e delle dogane. Le aree dei governatorati di El Kef, Kasserine e Sidi Bouzid – dichiarate “zone militari” dal Comitato di Sicurezza Nazionale della Presidenza della Repubblica tunisina – sono teatro da oltre un anno di scontri violenti tra forze di sicurezza e gruppi di opposizione armata jihadisti; desta preoccupazione anche il governatorato di Biserta, dove sempre più numerosi sono gli episodi riconducibili all’integralismo islamico. Preoccupano, infine, i riflessi dell’attuale situazione nel Sahel, in particolare il precario contesto del Mali.
Il limite concettuale
Il governo tunisino è dunque impegnato nella lotta al jihadismo, ma vi è un limite non indifferente che ne frena le potenziali capacità: l’approccio concettuale. Le norme di linguaggio del governo tunisino – è sufficiente leggere i comunicati stampa istituzionali – impongono di utilizzare il termine “terrorismo” per indicare il crescente fenomeno insurrezionale proveniente dal medio e vicino Oriente e insistono per collocarlo nella categoria delle problematiche interne a uno stato nazionale (e che come tali devono essere affrontate dai singoli stati nazionali, con esplicito riferimento alla Libia); ma l’approccio concettuale ha conseguenze dirette sul piano operativo.
E fintantoché il metodo utilizzato per contrastare il fenomeno si limiterà ad affrontare il problema come minaccia di natura interna – dunque limitato ai confini delle singole nazioni e non come fenomeno transnazionale – esso non potrà essere risolto. Al contrario, è necessaria la consapevolezza della natura transnazionale di un fenomeno sempre più aggressivo, capace ed efficace. L’ISIS è intenzionato ad affrontare un nemico globale consolidando i successi a livello regionale.
Il rischio di una politica inefficace
Una strategia di contrasto – basata sulla condivisa consapevolezza della minaccia da affrontare – dovrà prima contenere e sconfiggere il jihad insurrezionale a livello regionale. Così facendo ne ridurrà la spinta propulsiva e, conseguentemente, la sua portata a livello globale. L’alternativa è rappresentata da uno scenario fortemente destabilizzato e incerto il cui rischio potenziale può essere così sintetizzato:
  • destabilizzazione della Tunisia come conseguenza del caos libico;
  • allargamento all’Algeria della destabilizzazione regionale;
  • incapacità di contenere una minaccia puntiforme su un’area territoriale allargata;
  • perdita di controllo delle aree periferiche e di confine;
  • collasso del sistema di difesa e controllo dei confini dell’area maghrebina e caos regionale;
  • cooperazione tra criminalità transnazionale, gruppi di opposizione armata e insurrezione jihadista/ISIS;
  • ruolo crescente della criminalità transnazionale nel business dei flussi migratori;
  • aumento del rischio di infiltrazione jihadista – connessa ai flussi migratori – e conseguenti attacchi diretti a obiettivi su territorio nazionale o nel Mediterraneo;
  • insicurezza dell’area mediterranea occidentale: insorgenza del fenomeno della pirateria, del traffico di armi, di droga e di esseri umani;
  • riduzione dei traffici commerciali e delle attività legate alla pesca nel Mediterraneo con dirette e gravi ripercussioni sul piano socio-economico;
Infine, se dopo la Libia dovessero precipitare nel caos anche la Tunisia e l’Algeria, per l’Italia sarebbe estremamente pericoloso poiché verrebbe a mancare il vitale accesso alle risorse energetiche (gas e olio): ciò avrebbe dirette conseguenze sulla nostra quotidianità e sull’interesse nazionale. 

Sebbene la “teoria del domino” si sia rivelata errata durante la guerra fredda, l’analisi delle attuali dinamiche ne dimostrerebbe invece una preoccupante validità. Dunque, molte ragioni per agire in maniera proattiva, nessuna per non farlo.

Claudio Bertolotti, analista strategico, ricercatore senior presso il Centro militare di Studi Strategici e docente di “Analisi d’area”, è stato capo sezione contro-intelligence e sicurezza di Isaf in Afghanistan. È membro dell’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies (Itstime) e ricercatore per l’Italia alla “5+5 Defense iniziative 2015” dell’Euro-Maghreb Centre for Research and Strategic Studies (CEMRES) di Tunisi.
@cbertolotti1

lunedì 23 febbraio 2015

Prospettive 2015: è disponibile la pubblicazione analitica e predittiva del CeMiSS

http://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/CeMiSS/Documents/OsservatorioStrategico/2015/Osservatorio_Strategico_Prospettive_2015.pdf
Nel solco di un appuntamento annuale che ormai può dirsi aver assunto carattere di regolarità, si è provveduto anche quest’anno alla elaborazione del volume “Prospettive 2015” del CeMiSS.

Quest’anno, in un continuo sforzo evolutivo, abbiamo particolarmente messo a fuoco il carattere predittivo delle Prospettive, concentrando le indicazioni più im portanti negli executive summary e combinando l’analisi specialistica delle sezioni tematiche, con la visione generale della parte dedicata all’ analisi globale.

Il lettore è quindi libero di combinare gli input generali con quelli specialistici e viceversa, fruendo di un’adeguata diversità d’approcci e contributi. Sappiamo che l’analisi predittiva degli eventi è particolarmente rischiosa e che errare è un rischio presente, ma riteniamo che seguire questa strada, nella convinzione che non si può subappaltare del tutto all’esterno la propria analisi e percezione strategica, non possa che essere fruttuoso per migliorare un dibattito talvolta generico e vago, contribuendo con un concreto apporto allo studio delle dinamiche globali e regionali.

L’indicazione operativa che scaturisce dall’insieme dell’opera si può tentare di riassumere nei seguenti punti:
- il quadro globale è contrassegnato da fattori d’instabilità finanziaria, energetica, cyber e climatica che condizioneranno i vari scacchieri in modo più o meno incisivo;
- i teatri in cui operano le nostre differenti missioni internazionali (tra cui Afghanistan, Libano, Balcani, Mare Arabico, Oceano Indiano ecc..) rischiano di essere condizionati o da crescenti instabilità o da attori regionali in cerca di spazi strategici da consolidare o ampliare;
- Il ruolo guida degli Stati Uniti è ancora visibilmente contestato, ma si esplica in configurazioni differenti rispetto al passato e con modalità più sfumate di prima, frenate anche dai nuovi equilibri interni postelettorali;
- Cina e India si preparano a ridefinire i propri ruoli internazionali con effetti già avvertibili a livello regionale e nel Mediterraneo;
- L'Italia e i suoi partner saranno impegnati a gestire un vasto arco di crisi e di insicurezza che vanno dall'Ucraina alla Mauritania in cui le dinamiche del jihadismo e delle entità politiche de factosono conseguenza anche del collasso di almeno quattro stati nell’area, possibilmente seguito da serie turbolenze negli stati produttori petroliferi ed influenzato dalle ripercussioni di diverse crisi in Africa;
- La Russia punterà a consolidare la situazione in Ucraina , nonostante una serie di difficoltà economiche indeboliscano il proprio monopolio energetico regionale.

Osservatorio strategico Prospettive 2015
Questo volume è stato curato dal Centro Militare di Studi Strategici

Direttore
Gen. D. Nicola Gelao
Vice Direttore Responsabile
C.V. Vincenzo Paratore
Dipartimento Relazioni Internazionali
Palazzo Salviati
Piazza della Rovere, 83 00165 Roma
Te l . 0646913204 Fax 066870779
e-mail: relintern.cemiss@casd.difesa.it

Autori
Claudia Astarita, Claudio Bertolotti, Claudio Catalano, Lorena Di Placido, Stefano Felician Beccari, Lucio Martino, Marco Massoni, Nunziante Mastrolia, Nicola Pedde, Alessandro Politi, Paolo Quercia.

Coordinamento Scientifico “Parte I. Prospettiva Generale 2015”
Stefano Felician Beccari, Alessandro Politi
 
http://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/CeMiSS/Documents/OsservatorioStrategico/2015/Osservatorio_Strategico_Prospettive_2015.pdf
 

venerdì 13 febbraio 2015

ISIS & Co.: dal Mediterraneo il terrorismo jihadista minaccia l'Italia

di Claudio Bertolotti
 
Priorità strategiche dell’Italia
Come dimostrato dagli attacchi terroristici di Parigi del 7-9 gennaio 2015, la minaccia del fondamentalismo jihadista che si diffonde dal Medio Oriente verso il Nord Africa deve preoccupare l’Europa, e l’Italia in particolare, sia sul piano della sicurezza fisica – interna ai confini nazionali – sia su quello degli interessi energetici ed economici: entrambe le minacce sono conseguenza dell’avanzata neo-jihadista dello Stato islamico in combinazione con le spinte autonomiste locali...
Alla necessità di difendersi dall’offensiva jihadista, si unisce un altro elemento di vitale importanza per l’Italia: la garanzia di accesso alle risorse energetiche di un nord Africa sempre più in balia di dinamiche destabilizzanti. In particolare, la dipendenza dell’Italia dalle forniture di idrocarburi nordafricani impone un indirizzo politico-strategico volto al rafforzamento della cooperazione euro-mediterranea.
Contrasto del jihadismo” e “sicurezza energetica” sono, dunque, due fattori dinamici tra di loro strettamente collegati; si comprende, in tal senso, l’importanza strategica di un Mediterraneo sicuro.
Geografia: un punto di forza dell’Italia
Un importante punto di forza, funzionale a una politica strategica coerente e al contrasto della minaccia jihadista, è rappresentato dalla collocazione geografica dell’Italia. Una posizione vantaggiosa solamente se valorizzata attraverso un approccio proattivo che sappia perseguire una linea politico-strategica e prevedere un coerente sviluppo sui piani politico-militare, tecnologico, metodologico e che sappia valorizzare le proprie risorse umane e materiali. Una condizione geografica che, al contrario, diviene svantaggiosa nel caso di approccio politico passivo o eccessivamente “prudente”...
Quali le opportunità per l’Italia? Quali le vulnerabilità? Quale la strategia di contrasto alla minaccia degli interessi nazionali?... e ancora,
Dal futuro della Libia discende quello italiano; quali ipotetici scenari potrebbero realizzarsi? E quali ipotesi di risposta da parte dell’Italia?
Le mia valutazioni su come agire... ora:
http://www.nododigordio.org/